sabato 24 giugno 2017

Il Bell'Antonio


Questa primavera un nuovo inquilino si è installato nel piccolo, self-contained, monolocale situato adiacente alla nostra casa, una sorta di dépendance in legno d’acero a tetto spiovente che si affaccia sul giardino e che io scherzosamente amo chiamare la Barchessa.

   Il nostro ospite è un magnifico esemplare di maschio locale, giovane e aitante, dall’andatura spavalda e lo sguardo accattivante accentuato da un ciuffo nero ribelle. Confesso che è così bello da toglierti il fiato con quella sua aria schiva e imperscrutabile.  Diciamola tutta: il nuovo arrivato ha  il fascino intrigante di un bell’Antonio di forgia gallese. Difficile non notarlo.

   La sera rincasa furtivo verso l’imbrunire e altrettanto furtivamente se ne va all’alba, senza che mai si stabilisca un minimo contatto tra noi, né uno scambio di sguardi e men che meno un chiacchiericcio. Infatti predilige l’accesso dal retro del giardino, che lo conduce indisturbato alla sua abitazione privata, piuttosto che servirsi dell’entrata principale che dà sulla via.

   Evidentemente ama difendere la sua privacy, abbiamo dedotto io e mio marito. Ma è una riservatezza così ostentata da stuzzicare in noi mille quesiti. Di fatto la sua presenza dispensa nell’aria una brezza effervescente che ha il profumo stuzzicante dell’enigma e del mistero. In casa ultimamente non si parla d’altro: ma hai visto come se la tira? Chissà dove passa le sue giornate il nostro bell’Antonio. Dici che ce l’ha una femmina con cui spassarsela...?

   Spinti dalla curiosità, al crepuscolo decidiamo di appostarci alla finestra del soggiorno che sta di fronte alla Barchessa, e da lì spiarlo attraverso un piccolo spiraglio che abbiamo lasciato ad arte tra le due tende tirate. Per non sollevare sospetti lo scrutiamo guardinghi e immobili, senza proferir parola; a portata di mano, appoggiato sul tavolino, teniamo un canocchiale così da poterci godere ogni minuzia dello stravagante spettacolo. Ma niente. Niente che ci possa fornire un benché minimo indizio sulla sua esistenza all’apparenza solitaria e routinaria.

   Devo aggiungere che in più occasioni abbiamo notato che quando il cielo si tinge di piombo, il bell’Antonio prontamente rientra nella sua casetta sospesa tra le nuvole, come se fiutasse nell’aria l’odore della pioggia imminente. L’istante in cui rincasa, tutto lucido e baldanzoso e con il petto in fuori, lascia dietro di sé un guizzo colorato, iridescente come l’arcobaleno.

   Certo che tutta la faccenda è diventata un bel dilemma. Per cercare di risolverlo abbiamo chiamato a consulto i nostri vicini. Tra una chiacchiera e l’altra, davanti ad un boccale di birra al pub del villaggio, sono scaturiti attorno al caso del bell’Antonio teoremi strampalati, illazioni tra il serio e il faceto, pettegolezzi d’ intrattenimento. Ora ve ne racconto qualcuno:

   La prima ipotesi – suggerita dal nostro amico Robin - è che si tratti di uno scapolone per scelta e che alle allettanti serate in compagnia di una femmina verace, preferisca invece trascorrere le ore notturne in superba solitudine...

   Mah, questa teoria non convince del tutto la platea; da come l’abbiamo descritto il bell’Antonio non ha esattamente l’aspetto dell’eremita...

   La seconda ipotesi – portata avanti dalla famiglia Richardon compatta - è che  il nostro nuovo ospite sia effettivamente alla caccia di una compagna o, perché no, di un compagno ma che non abbia ancora trovato chi sia degno o degna delle sue attenzioni. ‘Tuttavia,’ prosegue il capofamiglia sgranocchiando un pugno di noccioline, ‘gli consigliamo caldamente di non fare tanto il difficile e di darsi una mossa perché the clock is ticking, ossia la stagione degli amori passa in fretta e anche il bell’Antonio perderà in men che non si dica le sue belle piume.’ A questo punto, una gomitata sul fianco mi rende subito chiara l’allusione all’amico Robin di prima (che è single a quarant’anni suonati).

   E la terza ipotesi? Questa ha trovato d’accordo soprattutto gli uomini maritati. La loro teoria è che in realtà il bell’Antonio una casa ce l’abbia con tanto di moglie e figli al seguito. Lui lavora sodo tutto il santo giorno per dar da mangiare alla prole e provvedere alle necessità dell’intera famiglia. Ma la sera no...! Quando arriva l’imbrunire lui è strastufo; non ne può più di pensare a moglie, figli e suocera e si ritira nella sua casetta in collina per tirare il fiato e almeno le ore notturne starsene bell’e tranquillo senza nessuno che gli rompa l’anima...

   L’ immediata reazione delle mogli crea non poco scompiglio nel pub affollato.

   Tra una malvagità e l’altra e sonori cheers (cin cin), qualcuno mi chiede il perché del nome bell’Antonio. A questo punto prende la parola mio marito e in tono semiserio inizia a decantare ai convenuti il concetto tutto italiano del maschio bel tenebroso, vale a dire dello sciupafemmine... Apriti cielo. ‘Ma allora,’ parte in quarta il nostro vicino Paul alzandosi dalla sedia, ‘non potrebbe essere che il vostro vezzoso ospite tanto macho in realtà non sia e che come il bell’Antonio (di Brancati memoria) soffra di una forma congenita di debolezza fisica tale da mettere in serio dubbio le sue prestazioni amatoriali?’

   ‘Stupidaggini,’ taglio corto io (a questo punto si tratta di salvare la reputazione del maschio italico), ‘il nostro bell’Antonio piace e dispensa grande fascino. Le vostre sono solo insinuazioni spicciole e volgari, partorite dall’invidia di menti contorte.’

   Tornati a casa, rimaniamo di sasso nel constatare che la Barchessa è stranamente deserta. Quella sera e tutte le sere a seguire. Quasi che un uccellino avesse tweettato al bell’Antonio le nostre oscenità...

   Di fatto, il nostro adorato e tanto vituperato ospite, uno straordinario esemplare maschio di cinciallegra, non c’è più. Sparito, nel nulla... Così com’è arrivato, in punta d’ali, il bell’Antonio se n’è volato via lasciandoci irrimediabilmente con l’amaro in bocca. La Barchessa -il suo nido-casetta sospeso sotto il tetto tra le nuvole- da allora è rimasta vuota. Senza più anima.



 

  La Barchessa

  
Il Bell'Antonio in tutto il suo splendore
    

lunedì 15 maggio 2017

Stasera mi butto...


                   

 
Da qualche tempo la mia vicina Dorothy ama trascorrere le serate fuori casa. Una o due volte a settimana se ne va con le amiche a lezione di salsa cubana, baciata, rumba...  Come in una sorta di epifania emotiva, il ballo latino-americano sembra averle improvvisamente schiuso le porte di un universo fino ad allora impensabile, procurandole un ritrovato senso di libertà e, cosa assai importante, le ha ridato il sorriso e la gioia di vivere.

  Questa nuova passione infatti l’ha aiutata a superare un terremoto emotivo dopo che due anni fa il figlio Jack, vendiduenne, fu diagnosticato con una forma di tumore maligno. Quattro cicli di chemioterapia superati e una sofferenza al limite della sopportazione, la famiglia respira. Almeno per ora.

   Ma quando Dorothy rientra a casa la sera dopo il ballo, la figlia Janet esce dalla sua camera e con un moto di stizza l’apostrofa: “Mamma, ti sembra questa l’ora di rientrare? E poi vestita così, ti vedi quanto sei ridicola con i lustrini e i tacchi a spillo...? “

   Dorothy è sulla soglia dei sessantanni e ha cinque figli. Uno dopo l’altro la prole ha abbandonato il nido famigliare per rincorrere una carriera lavorativa nella capitale, Londra. Tutti tranne la più piccola, Janet, che a ventanni vive a casa con mamma e papà.

   Quando ci vediamo per il consueto té settimanale, Dorothy si lamenta della figlia Janet: “Passa le serate chiusa in camera.. con noi parla a monosillabi.. sempre con lo sguardo fisso sul tablet o sullo smart phone a chattare con gli amici, anche a tavola.... E poi continuamente con quell’aria scocciata... Sai che ti dico, di certo non assomiglia a me!”

   L’altra mia amica, Sally, di anni ne ha sessantadue. E’ vedova con due figli adulti. Il più grande, Peter, si è da poco separato ed è tornato a vivere con lei. Sally ride divertita quando l’indomani ci racconta di esserselo ritrovato davanti alla porta di casa, in pigiama e gli occhi gonfi di sonno: “Mamma,  la mezzanotte è passata da un pò, mi preoccupi. Alla tua età... si può sapere cosa ti sta succedendo? La sera arrivi a casa dopo di me...”

   Dorothy e Sally, solo alcuni esempi di donne mature accomunate dalla stessa febbre per la pista da ballo. L’età non conta quando, sulla scia di Ballando con le stelle (che qui si chiama Strictly Come Dancing), si tratta di tuffarsi nel vortice di salsa, tango e cià cià cià.

   Una sera a settimana,  le mie amiche si trasformano: indossano il vestito attillato e con le ali ai piedi scivolano in pista. Travolte da un ritmo incalzante, si buttano nell’arena tra le braccia di danzatori spesso più giovani e sconosciuti, volteggiando al ritmo di appassionate melodie afro-cubane. Con i compagni di una vita –restii a seguirle a passo di danza--  hanno raggiunto un accordo: tu esci la sera con gli amici o passi la domenica a giocare a golf? Io amo ballare.

   Semmai sono i figli che faticano a sincronizzarsi sulla nuova lunghezza d’onda delle loro mamme. Oggi la tendenza tra i giovani inglesi (e non solo) sembra quella di trascorrere il tempo libero a casa. Una generazione di figli casalinghi e sedentari che ama viaggiare più sui circuiti della rete che della strada, che preferisce muoversi tra le piste della PlayStation o conversare nelle piazze virtuali dei social media. Come amici hanno tivù, computer, tablet, smartphone o iPod. E girano perennemente schermati dagli auricolari. Uscire per socializzare vis-a-vis o praticare uno sport significherebbe dover cambiare uno stile di vita che negli ultimi dieci anni è diventato standard tra i ragazzi occidentali.

    Tuttavia, quando si tratta della generazione che ha superato da un pezzo la mezza età,  è evidente che la tendenza inizia ad invertirsi sia in Inghilterra che in Italia e nel resto d’Europa. Alle serate tra le pareti domestiche, soprattutto le donne oggi sembrano preferire l’adrenalina della pista da ballo, un microcosmo di sensualità, vitalità e frenesia in cui perdersi e sentirsi libere.

   “Ho trascorso più di trentanni a scorazzare i figli avanti e indietro, corsi di piano, nuoto, danza, feste con gli amici...” mi racconta Dorothy. “Ora sento di avere il diritto di godermi la vita. Che c’è di male? E poi ballare mi mette il buon umore!”

    “Mamma,” le dice Janet “ ma che diranno le mie amiche o peggio le loro mamme che te ne vai a ballare e mi lasci a casa da sola?”

   “Tesoro,” risponde Dorothy con un sorriso, “se una sera decidi di venire con me, ti stupirai nel constatare che non sono l’unica mamma in pista. Le tue amiche non sanno cosa si perdono!”. E poi, allungando la mano verso la figlia, “che ne dici se proviamo insieme a ‘danzare’ via la noia?”

  

De Facto:

   Secondo uno studio dell’Ofcom (l’autorità competente per le comunicazioni nel Regno Unito) il numero delle ore trascorse on line dai ragazzi inglesi è più che triplicato nell’ultimo decennio passando dalle 10 ore e 24 minuti per settimana alle 27 ore e 36 minuti, quindi una media di quasi quattro ore al giorno, alle quali vanno aggiunte le 3 o 4 ore davanti al televisore.   

   Abitudini che si rispecchiano nei giovani italiani. Secondo uno studio della Sip (Società italiana di pediatria) aumenta il numero dei ragazzi che non praticano né sport né alcuna attività fisica, una parabola discendente al crescere dell’età. Si tratta di un’ inclinazione che oggi tende ad uniformare i giovani europei in un universo comune di sedentarietà e ‘casalinghità’.

   A Dorothy dà ragione anche il New England Journal of Medicine che in una recente pubblicazione stabilisce che il ballo fa particolarmente bene agli ultrasessantenni perché, oltre agli ovvi benefici cardiovascolari, esso integra diverse funzioni cerebrali coinvolgendo le nostre capacità di coordinazione, quindi mettendo contemporaneamente in atto processi cinestetici, razionali, musicali  ed emozionali. Tutte abilità che favoriscono l’acutezza mentale, aiutano a tenerci in forma e aumentano il  nostro buonumore.

   Inoltre,  è stato dimostrato che ballare con una certa assiduità aiuta a rallentare l’invecchiamento del cervello del 76%. Di conseguenza oggi i medici considerano il ballo come un mezzo per combattere l’Alzheimer e la demenza senile, malattie destinate a raddoppiare ogni ventanni se non si trovano cure efficienti (Trinity College, Dublin, Strategies for successful ageing, Febbraio 2016, World Health Organization).

giovedì 23 febbraio 2017

Anna e Patrick




Ho trascorso alcuni giorni a Londra, zona South Kensington, ospite di mia nipote Anna e del suo ragazzo Patrick, che a dispetto del nome e’ 100% italiano. Sono una coppia giovane e molto carina - entrambi appena ventenni e innamorati. Li osservo mentre giocano, si abbracciano, si baciano... e sembrano ridersela del mondo...
   A Londra -metropoli  che non amano perche’ a loro dire troppo caotica e spersonalizzata - non hanno fatto amicizie importanti. Vivono l’uno per l’altra e gioiscono del rapporto di intimita’ e di amore che stanno costruendo insieme. Un legame forte che si spera duri nel tempo.
   Lavorano nella centralissima Baker Street, in una pizzeria italiana, assieme a ragazzi di altre nazionalita’. Tutti poco piu’ che ventenni.  Tutti a Londra per guadagnare qualche soldo (circa 5 sterline all’ora) lavorando sei giorni a settimana con turni che vanno fino a notte tarda.
   Su e giu’ dalla metro (costa dalle 32 alle 38 sterline a settimana), avanti e indietro tra i tavolini della pizzeria o sotto le scale ad impastare... sempre con il fiato corto, le loro giornate si dividono tra il sottoterra, lo smog  e le luci al neon, con rari momenti di liberta’. Nonostante lavorino gomito a gomito con gli altri ragazzi, accomunati dalla stessa snervante routine quotidiana, osservo che non si e’creato un rapporto di amicizia, men che meno di solidarieta’. Anzi....  In realta’ avverto una punta di gelosia che quasi rasenta l’astio, proprio nei confronti di Anna e Patrick.
   Allora rifletto tra me e me: come potrebbe essere altrimenti? Anna e Patrick sono nella City per volonta’ dei genitori, non per una stretta necessita’ economica. Spediti qui per farsi un’esperienza, imparare l’inglese e per... ‘svegliarsi’!  La metropoli non rientrava neppure nelle loro aspirazioni e sembrano guardare la realta’ sfiorandola in superficie.
   Per il momento sono fortunati , penso, perche’ vivono stabilmente a casa, come la maggior parte dei loro coetanei italiani: sono i genitori a provvedere alle loro esigenze fondamentali.   Il lavoro, la ricerca di un’occupazione seria e stabile, le decisioni importanti della vita, quelle verranno dopo. Diversa e’ la posizione dei tanti ragazzi che emigrano in UK per cercare lavoro e crearsi un futuro. La maggior parte di loro comincia proprio dalla ristorazione.
   Ne ho incontrati diversi  di italiani in giro per Londra: giovani ventenni ma anche trentenni che lavorano nei tanti bar, ristoranti, pizzerie... Quando avvertono la parlata italiana mi sorridono e incominciamo a chiacchierare. Alcuni sono laureati, come Michele che ha conseguito la laurea in Lettere e Filosofia  a Padova e ha lasciato Conegliano gia’ da alcuni anni. Ora vende liquirizia e doughnuts in uno stand di gastronomia al Borough Market nella South Bank. “Lo stipendio e’ buono e il posto e’ sicuro” mi dice, “con la mia laurea cosa avrei trovato in Italia?”.
   Oppure Andrea che fa il cameriere in un caffe’ francese a Paddington Station aspirando di passare ai servizi ospedalieri come addetto alle pulizie nelle corsie,ma con la speranza di salire la scala sociale e diventare un giorno operatore sanitario e, chissa’, magari nurse, infermiere (ma  anche qui e’ indispensabile una laurea).
   “Com’e’ oggi la situazione economica in Italia?” mi chiede qualcuno, “ pensa che sia un rischio tornare a casa? E’ migliorato qualcosa da quando siamo partiti?” Non ho saputo dare una risposta precisa. Vivo da anni qui in Gran Bretagna e nonostante torni al paese tutti gli anni, neppure io ho chiara la situazione economica o politica italiana di oggi. Certamente non quella dell’occupazione e delle opportunita’ di carriera per i giovani. Allora che dire? Cosa consigliare a chi si aspetta una risposta da te?
   Li’ per li’ mi son sentita di raccomandare loro di cercare di non vivere in un ‘ghetto italiano’ ma di frequentare circoli inglesi cosi’ da perfezionare la lingua – una buona padronanza dell’inglese  puo’ fare la differenza quando cerchi un lavoro in Italia...
   Ho anche suggerito loro di sfruttare il tempo libero (che e’ pochissimo e’ vero...) per frequentare dei corsi universitari on line (ce ne sono tantissimi e offrono una laurea, per esempio la Open University), di studiare per  ottenere delle qualifiche e avere cosi’ accesso a un posto di lavoro che non sia solo di sopravvivenza. Insomma di qualificarsi professionalmente per uscire da questo pantano...
   Mah...
   E tu, al posto mio, cosa avresti risposto?  Come avresti reagito?

                                                                
         

lunedì 16 gennaio 2017

A Giacomo



A Giacomo, fratello e anima gentile





Accendero' una candela per te,
per dissolvere il buio,
e benedire i giorni
che abbiamo trascorso insieme.

Come un faro nella notte,
la fiamma brillera'
per guidarci lungo il cammino.

Oggi accendo una candela per te,
che generosa dispensera' la luce,
mentre, gentile e silenziosa,
lentamente svanisce...