giovedì 23 febbraio 2017

Anna e Patrick




Ho trascorso alcuni giorni a Londra, zona South Kensington, ospite di mia nipote Anna e del suo ragazzo Patrick, che a dispetto del nome e’ 100% italiano. Sono una coppia giovane e molto carina - entrambi appena ventenni e innamorati. Li osservo mentre giocano, si abbracciano, si baciano... e sembrano ridersela del mondo...
   A Londra -metropoli  che non amano perche’ a loro dire troppo caotica e spersonalizzata - non hanno fatto amicizie importanti. Vivono l’uno per l’altra e gioiscono del rapporto di intimita’ e di amore che stanno costruendo insieme. Un legame forte che si spera duri nel tempo.
   Lavorano nella centralissima Baker Street, in una pizzeria italiana, assieme a ragazzi di altre nazionalita’. Tutti poco piu’ che ventenni.  Tutti a Londra per guadagnare qualche soldo (circa 5 sterline all’ora) lavorando sei giorni a settimana con turni che vanno fino a notte tarda.
   Su e giu’ dalla metro (costa dalle 32 alle 38 sterline a settimana), avanti e indietro tra i tavolini della pizzeria o sotto le scale ad impastare... sempre con il fiato corto, le loro giornate si dividono tra il sottoterra, lo smog  e le luci al neon, con rari momenti di liberta’. Nonostante lavorino gomito a gomito con gli altri ragazzi, accomunati dalla stessa snervante routine quotidiana, osservo che non si e’creato un rapporto di amicizia, men che meno di solidarieta’. Anzi....  In realta’ avverto una punta di gelosia che quasi rasenta l’astio, proprio nei confronti di Anna e Patrick.
   Allora rifletto tra me e me: come potrebbe essere altrimenti? Anna e Patrick sono nella City per volonta’ dei genitori, non per una stretta necessita’ economica. Spediti qui per farsi un’esperienza, imparare l’inglese e per... ‘svegliarsi’!  La metropoli non rientrava neppure nelle loro aspirazioni e sembrano guardare la realta’ sfiorandola in superficie.
   Per il momento sono fortunati , penso, perche’ vivono stabilmente a casa, come la maggior parte dei loro coetanei italiani: sono i genitori a provvedere alle loro esigenze fondamentali.   Il lavoro, la ricerca di un’occupazione seria e stabile, le decisioni importanti della vita, quelle verranno dopo. Diversa e’ la posizione dei tanti ragazzi che emigrano in UK per cercare lavoro e crearsi un futuro. La maggior parte di loro comincia proprio dalla ristorazione.
   Ne ho incontrati diversi  di italiani in giro per Londra: giovani ventenni ma anche trentenni che lavorano nei tanti bar, ristoranti, pizzerie... Quando avvertono la parlata italiana mi sorridono e incominciamo a chiacchierare. Alcuni sono laureati, come Michele che ha conseguito la laurea in Lettere e Filosofia  a Padova e ha lasciato Conegliano gia’ da alcuni anni. Ora vende liquirizia e doughnuts in uno stand di gastronomia al Borough Market nella South Bank. “Lo stipendio e’ buono e il posto e’ sicuro” mi dice, “con la mia laurea cosa avrei trovato in Italia?”.
   Oppure Andrea che fa il cameriere in un caffe’ francese a Paddington Station aspirando di passare ai servizi ospedalieri come addetto alle pulizie nelle corsie,ma con la speranza di salire la scala sociale e diventare un giorno operatore sanitario e, chissa’, magari nurse, infermiere (ma  anche qui e’ indispensabile una laurea).
   “Com’e’ oggi la situazione economica in Italia?” mi chiede qualcuno, “ pensa che sia un rischio tornare a casa? E’ migliorato qualcosa da quando siamo partiti?” Non ho saputo dare una risposta precisa. Vivo da anni qui in Gran Bretagna e nonostante torni al paese tutti gli anni, neppure io ho chiara la situazione economica o politica italiana di oggi. Certamente non quella dell’occupazione e delle opportunita’ di carriera per i giovani. Allora che dire? Cosa consigliare a chi si aspetta una risposta da te?
   Li’ per li’ mi son sentita di raccomandare loro di cercare di non vivere in un ‘ghetto italiano’ ma di frequentare circoli inglesi cosi’ da perfezionare la lingua – una buona padronanza dell’inglese  puo’ fare la differenza quando cerchi un lavoro in Italia...
   Ho anche suggerito loro di sfruttare il tempo libero (che e’ pochissimo e’ vero...) per frequentare dei corsi universitari on line (ce ne sono tantissimi e offrono una laurea, per esempio la Open University), di studiare per  ottenere delle qualifiche e avere cosi’ accesso a un posto di lavoro che non sia solo di sopravvivenza. Insomma di qualificarsi professionalmente per uscire da questo pantano...
   Mah...
   E tu, al posto mio, cosa avresti risposto?  Come avresti reagito?