Lo chiamano Beatles Pilgrimage, il
Pellegrinaggio alla citta’ dei Beatles. E’ un viaggio a pacchetto ai
‘luoghi-santuario’ dove nacquero, vissero e si esibirono i Fab Four. Ultimamente sembra andare molto di moda e cosi’ quando
mio marito mi dice di avere un business
meeting a Liverpool l’indomani
mattina, decido di accompagnarlo. Da ragazzina ci scambiavamo i versi
di Let it be di nascosto sotto i
banchi di scuola. La cosa mi emoziona.
Dopo tre ore non-stop in auto raggiungiamo Liverpool. Picchi di palazzi
antichi si dividono lo skyline con
moderni cubi di cristallo. Ho letto che la citta’ e’ stata quasi completamente
ricostruita dopo i massicci raid aerei tedeschi nel secondo conflitto mondiale.
Oggi sembra rivivere un momento di boom
edilizio: altissime gru pendono dal cielo color metallo. Ci addentriamo
a sobbalzi nel traffico cittadino. Il nostro albergo ha un nome evocativo, Hard
Days Night Hotel -unico al mondo interamente ispirato ai Beatles- cosi’
recita la pubblicita’. Si trova nel
cuore pulsante del Beatles Quarter
accanto al mitico Cavern Club, dove
la band era solita esibirsi prima di
raggiungere fama stratosferica.
Visto dall’esterno l’albergo e’ una scintillante cattedrale in stile
vittoriano, con elaborati stucchi alle facciate e le statue di Paul, John, George e Ringo che
svettano alte sul cornicione. L’ambiente interno e’ invece piuttosto cupo, dai toni
retro’ del bianco e nero. Note soffuse di Hey
Jude. Vecchi cimeli, memorie e ‘reliquie’ degli anni 60 coprono ogni centimetro quadrato della hall. Percepisco un’aura sacrale... e’ quasi
soffocante. Dozzine di spartiti di musica pendono dal controsoffitto della reception. Yeah yeah yeah... i volti evergreen
dei Golden Boys mi sorridono giganteschi, incorniciati dai caratteristici
ciuffi, i colletti biancchi inamidati e la cravattina nera. Ci viene assegnata
la camera Paul Mac Cartney.
E’
gia’ mezzogiorno. Per visitare la citta’ non mi restano che poche ore, prima
che scenda il buio. Decido di infilarmi in un Sightseeing bus, uno di quei pullmann scoperti con ‘cicerone’
automatizzato per turisti frettolosi. Lentamente ‘scivoliamo’ tra i maggiori
punti d’interesse. Mi resta impressa la modernissima chiesa cattolica con le quattro
campane intitolate ai quattro evangelisti ma ribattezzate dai turisti Paul, John, George e Ringo.
Respiro il passato glorioso e insieme scomodo della citta’. Fu nel 18mo secolo
la capitale del commercio degli schiavi e del cotone, al centro del Golden Triangle, porto atlantico di carico e scarico tra la Louisiana
(dove le navi partivano cariche di cotone per essere lavorato nelle industrie
tessili d’ Inghilterra) e l’Africa (dove venivano caricati gli schiavi da deportare
nelle Americhe). Da Regina dei mari, oggi Liverpool e’ la Regina del pop-rock,
del turismo e della cultura (fu capitale europea della cultura nel 2008).
Declino la possibilita’ di visitare la casa dove nacque e il letto dove
dormi’ John Lennon ... o il museo
dedicato alla storia dei Beatles... Per
il momento la Beatlesmania ha
raggiunto il mio livello di saturazione. Raggiungiamo il vecchio porto dai caratteristici
fabbricati in mattoni rossi, completamente ristrutturato, e opto per la
galleria d’arte moderna Tate Liverpool.
Vi e’ esposta la prima mostra antologica dedicata a Leonora Carrington,
l’ultima esponente del surrealismo, morta ultranovantenne pochi anni fa.
“Italiana?”
mi chiede il bigliettaio. Poi mi da’ un biglietto d’entrata ridotto. Potere
dell’italianita’ nel mondo! I dipinti di Leonora Carrington sono un tripudio di
colori forti e decisi con figure fantastiche dalle qualita’ femminili e animali
insieme. Elementi fiabeschi si mescolano
a simboli della cultura cattolica e indigena messicana. Mi ricordano i
dipinti di Frida Kahlo, che come lei visse e trovo’ ispirazione a Citta’ del
Messico. In comune la stessa vita tormentata.
Leonora
Carrington proveniva da una famiglia benestante inglese dalla quale fuggi’ a
diciott’anni per diventare la giovane amante di Max Ernst (famoso pioniere del
surrealismo). Con lui a Parigi incontro’ Picasso, Dali’, il poeta Henri Breton
e il regista Luis Bunuel . L’amore la porto’ a Madrid durante la guerra civile
spagnola dove, poco piu’ che ventenne e in seguito ad un esaurimento nervoso, fu
rinchiusa e legata al letto di un ospedale psichiatrico, quindi sedata con barbiturici
ed elettroschock. Riusci’ a fuggire in modo rocambolesco e a rifugiarsi in
Messico. Da allora il reale e il surreale si fusero inestricabilmente nelle sue
tele.
Venerdi’
13 marzo: giorno di
‘iella’ secondo la superstizione anglosassone. Forse e’ per questo che
stamattina sento un incipiente mal di testa. Ripartiamo per la terra del Drago
rosso, il Galles. Lungo la strada noto la scritta Holywell, la Lourdes del Galles, e mi sovviene che in una remota
isola greca qualcuno mi aveva parlato di questo posto come di un noto luogo di
pellegrinaggio cristiano, la fonte sacra. Insisto con mio marito (sedicente
agnostico) per una breve sosta.
Il ticket office e’ impregnato
di un forte odore di muffa, addobbato da rosari in vetroplastica, medagliettie
di vari santi cattolici compreso Padre Pio, statue in gesso della Madonna in tutte le dimensioni,
santini, sacra sindone e quant’altro.
“Desidera acquistare l’acqua della fonte sacra?” mi chiede il custode.
Mio marito mi guarda perplesso e io declino l’offerta con un sorriso. Il
signore mi spiega che la fonte d’acqua e’ sorta la’ dove e’ rotolata la testa
di Santa Winefride, martire gallese decapitata nel settimo secolo da un corteggiatore
respinto. La testa fu raccolta da un testimone dei fatti, riposta sul collo
della vergine, che poi visse per altri 22 anni in un monastero. “E’ l’unica
santa la cui morte si festeggia due volte, racconta il custode, il giorno in
cui le e’ stata mozzata la testa e il giorno in cui e’ morta.” Altra occhiata
di sconcerto da mio marito. Apprendo che il santuario e’ gestito
dalla Societa’ delle divine vocazioni di Napoli.
Visitiamo il tempietto gotico con la fonte d’acqua santa (costruito
dalla nonna di Enrico VIII prima dello scisma da Roma). Poi riprendiamo lentamente
la direzione di casa. Con me il sapore surreale e surrealista del mio viaggio/pellegrinaggio
a Liverpool e dei suoi templi dove il sacro e il profano sembrano fondersi.
Piove nelle montagne del Brecon Beacons."Back to reality!" dice mio marito con un sospiro.
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