Migrante
per sempre di Chiara Ingrao, Baldini e Castoldi
Può risultare
difficile per un migrante moderno (come lo sono io) identificarsi con Lina, la
protagonista di questo romanzo storico, e la sua famiglia di migranti siciliani
nel dopoguerra. Migrare negli anni 50 era un salto nel buio: per trovare un
lavoro il padre di Lina parte nella notte con un compare dalla Sicilia
contadina verso il Nord, attraversano da clandestini le frontiere di mezza Europa
e approdano in Germania, Paese sconosciuto. Nell’Europa di oggi non esistono
frontiere e grazie all’Internet un migrante sa esattamente dove andrà a finire.
Solo i pregiudizi verso gli stranieri rimangono gli stessi. Anzi, i sentimenti
di ostilità crescono in modo esponenziale con l’aumentare del volume delle migrazioni.
Dobbiamo arrivare verso la fine del romanzo, quando Lina rientra in Italia da
sposata e con un figlio, per riconoscere dentro di noi, migranti di oggi, lo
stesso senso di estraneità che la fa sentire più straniera che in Germania.
Questo perché, come ci fa capire l’autrice, la vera mutazione avviene dentro
l’anima del migrante. Dal momento in cui uno ha fatto le valigie si trasforma
in una persona perennemente in transito. “Chi è stata migrante resta migrante
per sempre.”
-Storia di alberi e della loro terra di Matteo Melchiorre
-Il narratore di verita' di Tiziana D' Oppido
e qui di seguito vi propongo le rispettive recensioni. L'ultima e' tra le cinque recensioni che hanno vinto il premio Comisso 15 righe.
In Storia di alberi e della loro terra Matteo Melchiorre- l’io narrante autobiografico- prende come spunto l’abbattimento di alberi-totem, quali il secolare olmo detto Alberòn o il sacerdotale pioppo di casa, per costruire una metafora universale sulla Guerra odierna tra l’uomo e la natura, tra la civiltà che avanza inesorabile a colpi di accetta e bitume e la necessità di salvaguardare il nostro habitat ed ecosistema. Nello specifico questo succede a Tomo, paese delle Prealpi feltrine, ma non solo. Che cosa rappresentano dunque gli alberi per l’uomo? Nel suo libro, che si legge tutto d’un fiato e non vorresti mai che finisse, lo scrittore ci propone le sue risposte attraverso il racconto della sua storia personale. Lo fa con l’onestà e il rigore di uno storico di professione, alternando simpatici aneddoti ed espressioni dialettali a citazioni erudite e precisi rimandi bibliografici. Ma soprattutto lo fa con la passione di chi tra questi boschi ci è nato e cresciuto. È una storia di alberi e delle loro genti, di memoria storica e collettiva aggrappata alle loro fronde, del vuoto spaziale ed emotivo che questi giganti lasciano nella comunità se abbattuti dal vento o dalla scure dell’uomo. Da una parte la natura che esprime radicamento e dall’altra il futuro che significa sradicamento di alberi ma anche del nostro passato e di ciò che da sempre ci lega alla terra. La battaglia continua.
Il Narratore di verità di Tiziana D’Oppido è atterrato in questa remota valle celtica in un pomeriggio di pioggia. Impaziente, lo libero dall’ingombro Amazon, ne accarezzo con emozione le pagine e mi lascio trasportare in un’altra valle, la Val Brodima, dove due imprenditori italiani avidi e senza scrupoli spadroneggiano con inaudita tracotanza. Arsenio Pantone, produttore di fuochi d’artificio e Gildo Blumenthal, allevatore di quaglie per la catena alimentare, si odiano apertamente e pur di raggiungere i propri fini loschi non esitano a calpestare la legge e strumentalizzare abitanti, ambiente e le reciproche famiglie. Il racconto raggiunge il suo apice quando i rispettivi figli si incontrano: Sara Pantone, viaggiatrice di fantasia, e Lucio Blumenthal, viaggiatore di mestiere, i.e. il narratore di verità. Il libro si presenta come un romanzo giallo con trama intrigante e complessa che tipicamente implica crimini, segreti, spionaggio e un mystery da risolvere. Il lettore è attivo, costantemente impegnato nel gioco di ricollegare gli indizi sparsi sapientemente tra le righe, a inferire dal metalinguaggio e rimettere insieme i tasselli narrativi di un thriller infinito, esattamente come l’enorme puzzle in cartone che Sara cerca ostinatamente di completare. La suspense ti tiene incollato fino alla fine. In un mondo sommerso dalle menzogne, Lucio - narratore di verità – ha il compito arduo di trovare la purezza sotto una coltre di inganni e fandonie. Ma la forza del romanzo sta soprattutto nel linguaggio originale e innovativo, nella ricerca quasi maniacale del vocabolo con neologismi (lumacare, spanteganare, donnamamma…) e metafore inconsuete che rivelano lo stile pionieristico dell’autrice.
per la recensione di “Com’è trascorsa la notte” di Filippo Tuena
per la recensione di “Il narratore di verità” di Tiziana d’Oppido
per la recensione di “Siamo tutte ragazze madri” di Saveria Chemotti