Domanda: “ Che ci faccio qui, in Galles?” Risposta: “Conto le pecore!”
In questi giorni
hanno partorito e le vedi raggruppate a piccoli nuclei famigliari. Spesso con due,
a volte con tre agnellini a testa. L’altro giorno, passeggiando lungo la
stradina di campagna, assorta nella mia nuvoletta di bizzarrie mentali, ho
improvvisamente notato un involucro umido e viscido cadere nell’erba con un
impatto sordo. Velocemente si sono divincolate delle zampette lunghe e traballanti,
che si sono raddrizzate grazie alle piccole spinte di incoraggiamento del muso
di mamma pecora. Assistere all’attimo in cui nasce la vita mi ha riportato a
terra, azzerando i miei arzigogoli cerebrali. E mi ha riempito di buonumore.
L’agnello e’ il
piatto nazionale del Galles. Lo fanno arrosto e servito con le patatine,
soprattutto in periodo pasquale. Sinceramente non fa per me. Amo gli agnelli e
non riesco a masticarli. La moglie del farmer
qui vicino (dove vado a rifornirmi di uova fresche) mi ha detto che non li
mandano al macello in tenera eta’. Devono aver superato i 20 chili di peso,
quindi i 3 o 4 mesi di vita (e’ gia’ qualcosa in piu’ rispetto ad altri Paesi
come l’Italia...) Nel frattempo sono liberi di pascolare all’aperto in tutti i
mesi dell’anno.
Capita che le pecore te le ritrovi in mezzo alla strada,come sulla strada costiera di Ogmore-by-sea. Sbarrano il passaggio alle auto, un po’ come le mucche sacre in India. E’ quando le pecore hanno il diritto di pascolo nelle cosiddette ‘Common Land’ ossia nei terreni non recintati gestiti dalla collettivita’ e destinati alla pastorizia. Il loro e’ un diritto antico, che risale addirittura al Medioevo, prima che entrasse in essere la proprieta’ privata. E cosi’... largo alle pecore. Ti devi fermare e cedere il passo.
Oggi fa notizia
l’autobiografia di un pastore inglese che vive nel Lake District. La zona e’ considerata terra idilliaca, resa celebre
dai versi di poeti romantici come Wordsworth
e Coleridge. E’ oggi per gli
inglesi la meta turistica per eccellenza. Ma se pensate che la vita di un
pastore, seppur giovane e moderno, abbia qualcosa di romantico –dice James Rebanks, l’autore di The Shepherd’s Life -scordatevelo. Lui vi fa un rendiconto delle asprezze della quotidinita’
campestre, delle sue giornate basate ancora fermamente su ritmi stagionali e
tradizioni antiche tramandate di generazione in generazione per centinaia
d’anni. “Molti giovani cercano disperatamente
di lasciare questa terra – racconta James”.
La vita di un pastore e’ dura, soggetta ai rischi del tempo soprattutto oggi con
i repentini cambiamenti climatici. Il guadagno non e’ sempre assicurato. “Ma la
mia, e’ la storia di uno che cerca disperatamente di restare in questa terra.”
Oggi tutte le
volte che torno in Italia e incontro per strada qualcuno che mi chiede: “Che
cosa fai di bello in Galles?” Rispondo sorridendo: “Mi diverto a contare le
pecore." Uno... due... tre... E a scrivere.
Pubblicato sulla rivista Trovarsi, Associazione Anziani e Pensionati Giorgione, estate 2015
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3 commenti:
Ma quante cose imparo!!
Attenzione però, se conti le pecore rischi di addormentarti....�� Brava come sempre
Ho apprezzato molto del tuo articolo la voglia di comunicare altri ritmi, altri valori della natura da me spesso accantonati dalla fretta.
Il lavoro del pastore lo si fa o per tradizione o per necessità, in entrambi i casi è accompagnato dalla vocazione, sì perché è un lavoro veramente duro.
Se continui a descriverci così bene il Galles, troverai molti italiani che verranno ad aiutarti a...contar le pecore!!! Marisa
Anche io voto per la vita degli agnellini. :)
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