sabato 4 aprile 2015

Galles: Pecore e papere





Domanda: “ Che ci faccio qui, in Galles?” Risposta: “Conto le pecore!”
Dalla mia finestra, che si affaccia su una distesa di pascoli nella Valle di Glamorgan, di pecore ne vedo a bizzeffe. A contarle pero’ non ci riesco. Sono un’infinita’ di puntini bianchi a 360 gradi, come tante costellazioni luminose in un grande cielo verde.

   In questi giorni hanno partorito e le vedi raggruppate a piccoli nuclei famigliari. Spesso con due, a volte con tre agnellini a testa. L’altro giorno, passeggiando lungo la stradina di campagna, assorta nella mia nuvoletta di bizzarrie mentali, ho improvvisamente notato un involucro umido e viscido cadere nell’erba con un impatto sordo. Velocemente si sono divincolate delle zampette lunghe e traballanti, che si sono raddrizzate grazie alle piccole spinte di incoraggiamento del muso di mamma pecora. Assistere all’attimo in cui nasce la vita mi ha riportato a terra, azzerando i miei arzigogoli cerebrali. E mi ha riempito di buonumore.

    Secondo un vecchio detto popolare gallese, se le mucche o le pecore sono accovacciate sul prato, significa che la pioggia e’ imminente. Diciamo allora che  in questa terra le pecore sono piu’ spesso distese che in piedi...  La pastorizia gioca un ruolo importante nell’economia del Paese (esattamente il 20% dell’economia agricola). Le statistiche riportano che in Galles ci sono quasi quattro pecore per abitante, in tutto 11 milioni di pecore per 3 milioni di abitanti. Sara’ per questo che in tutto il Regno Unito i pastori gallesi sono l’ oggetto prediletto di barzellette dal tono piuttosto spinto. Un po’ come da noi lo sono i pastori sardi.

   L’agnello e’ il piatto nazionale del Galles. Lo fanno arrosto e servito con le patatine, soprattutto in periodo pasquale. Sinceramente non fa per me. Amo gli agnelli e non riesco a masticarli. La moglie del farmer qui vicino (dove vado a rifornirmi di uova fresche) mi ha detto che non li mandano al macello in tenera eta’. Devono aver superato i 20 chili di peso, quindi i 3 o 4 mesi di vita (e’ gia’ qualcosa in piu’ rispetto ad altri Paesi come l’Italia...) Nel frattempo sono liberi di pascolare all’aperto in tutti i mesi dell’anno.

   Capita che le pecore te le ritrovi in mezzo alla strada,come sulla strada costiera di Ogmore-by-sea. Sbarrano il passaggio alle auto, un po’ come le mucche sacre in India. E’ quando le pecore hanno il diritto di pascolo nelle cosiddette ‘Common Land’ ossia nei terreni non recintati gestiti dalla collettivita’ e destinati alla  pastorizia. Il loro e’ un diritto antico, che risale addirittura al Medioevo, prima che entrasse in essere la proprieta’ privata. E cosi’... largo alle pecore. Ti devi fermare e cedere il passo.

   Oggi fa notizia l’autobiografia di un pastore inglese che vive nel Lake District. La zona e’ considerata terra idilliaca, resa celebre dai versi di poeti romantici come Wordsworth e Coleridge. E’ oggi per gli inglesi la meta turistica per eccellenza. Ma se pensate che la vita di un pastore, seppur giovane e moderno, abbia qualcosa di romantico –dice James Rebanks, l’autore di The Shepherd’s Life -scordatevelo. Lui vi fa un rendiconto delle asprezze della quotidinita’ campestre, delle sue giornate basate ancora fermamente su ritmi stagionali e tradizioni antiche tramandate di generazione in generazione per centinaia d’anni.  “Molti giovani cercano disperatamente di lasciare questa terra – racconta James”. La vita di un pastore e’ dura, soggetta ai rischi del tempo soprattutto oggi con i repentini cambiamenti climatici. Il guadagno non e’ sempre assicurato. “Ma la mia, e’ la storia di uno che cerca disperatamente di restare in questa terra.”

    Qualche tempo fa e’ venuta a trovarmi mia sorella dall’Italia. Era alquanto stupita: “ma che ci fanno i gallesi con tutte ste pecore? Ci fanno la lana?” Ha voluto che l’accompagnassi in un negozio locale per comprare lana per i suoi lavori a maglia, ma i gomitoli avevano l’etichetta ‘made in Italy’. “Non ci posso credere!” diceva tra se’ incredula. Ma poi ecco, vede la scritta Cooper Lane (che tradotto significa Vicolo Cooper) e si ricrede, lei che l’inglese non le e’ mai andato a genio: “To’... che ti avevo detto? Guarda un po’ quel segnale: Cooperativa lane...! Dai che finalmente posso comprar la lana da portarmi a casa”. Poi ci siamo fatte una bella risata.

   Oggi tutte le volte che torno in Italia e incontro per strada qualcuno che mi chiede: “Che cosa fai di bello in Galles?” Rispondo sorridendo: “Mi diverto a contare le pecore." Uno... due... tre... E a scrivere.


Pubblicato sulla rivista Trovarsi, Associazione Anziani e Pensionati Giorgione, estate 2015

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