domenica 26 giugno 2016

C'era una volta la Gran Bretagna


 Pubblicato (in forma ridotta) sul settimanale Donna Moderna N.30 del 13 luglio 2016, pag.7


Disclaimer: Questo scritto non rappresenta un’analisi politica ma la mia opinione personale


Da subito ho imparato a riconoscere il brivido lungo la schiena quando, scendendo dalla scaletta dell’aereo, venivo accolta da una raffica di vento gelido e da un’umidita’ che ti penetra nelle ossa. D’istinto alzi lo sguardo verso il cielo, immancabilmente plumbeo, che ti riga la faccia con le sue lacrime pungenti. Stringermi addosso la giacca e piegarmi in avanti a testa bassa come un toro che carica, e’ diventata la mia seconda natura. Non sai mai che cosa ti aspetta una volta attraversata la Manica e non c’e’ quindi da stupirsi che parlare del tempo sia l’argomento di conversazione nazionale.
   Ho anche imparato ad apprezzare la tipica indifferenza inglese, quella che viene spesso scambiata per self control o per freddezza emotiva.... Chiamatela come volete questa propensione anglosassone a prendere le cose con filosofia, senza grandi drammi, senza troppa passione, insomma senza quella focosita’ italica che a noi ci fa spesso perdere il senno e la misura delle cose.
   Ho imparato ad ingoiare la rabbia ogni volta che non riesco ad esprimermi esattamente come vorrei  –vuoi per la lingua che non sentiro’ mai come madre-lingua, vuoi per questa loro ossessione per il politically correct e questo continuo ragionare a toni cauti e pacati senza mai trascendere... Insomma la rabbia per non poter chiamare pane al pane e vino al vino .... cosi’ che quando a casa vado in bestia passo direttamente al dialetto... li’ si’ che riesco finalmente a dire chiaramente quello che penso, senza tanti mezzi termini.
   Ho imparato ad amare i gallesi perche’ gente dura e tenace, abituati a lavorare nelle viscere della terra, nel buio pesto delle miniere di carbone e cobalto; ad ammirare i Welsh farmers, i pastori temprati  da una vita di difficolta’, sempre in balia degli elementi  e dei tifoni  che qui arrivano direttamente dall’Atlantico perche’ non ci sono montagne alte a sbarrare loro la strada.
   Ho assimilato la pazienza britannica e non solo nell’aspettare il mio turno in fila senza sbuffare indispettita o peggio zizagare tra le persone per infilarmi in pole-position. Ho anche capito da tempo che mi conviene  accettare con un sorriso certi pregiudizi verso gli italiani (si sa, quelli sono duri a morire!) e  sentirmi salutare con un Ciao Bella non appena capiscono che sono di italiche origini. Realta’ vuole che quando sei qui rappresenti il tuo Paese e devi essere pronta a spiegare certe scelte politiche o atteggiamenti nazionali che tu stessa non approvi o che a malapena riesci a decifrare.
   Ho imparato a cliccare automaticamente sull’emisfero sinistro del cervello anziche’ su quello di destra, piu’ familiare e istintivo. Oltre a guidare, camminare, nuotare, biciclettare a sinistra, qui quando ti  salutano ti baciano da sinistra a destra. Ma non solo quello. E’ tutto un mondo concepito da un punto di vista diverso e non per niente l’emisfero di sinistra e’ quello della logica e della razionalita’ e quello di destra della creativita’, della spiritualita’ e del sogno. Insomma ho sempre fatto una gran fatica ad adattarmi al British savoir- faire e restare con i piedi ben piantati per terra.
   Ho anche ammirato e poi acquisito il principio della tolleranza verso tutto cio’ che e’ diverso da me. Questo ha significato il non girarmi incuriosita per osservare una coppia di uomini o di donne che cammina tenendosi stretti per mano o che si scambia un bacio. Ma anche e soprattutto il rispetto, perche’ si sa che la tollerenza non puo’ esistere senza il rispetto per l’ essere umano. E cosi’ ho imparato a considerare che nella vita siamo tutti diversi ma intimamente interconnessi, legati l’uno all’altro come in un gioco di domino. Qui ho capito che il giudizio inflessibile non puo’ portare a nulla di buono.
   Ho soprattutto incrementato la mia self-confidence, la confidenza del mio essere donna, oggetto esattamente della stessa stima, attenzione e considerazione che si ha per un uomo. Ne ho avuto la conferma un giorno parlando con i builders,i muratori che erano venuti a sistemare il portico. Avevo spiegato loro che mio marito non era in casa e cosi’ anziche’ rispondermi che, vabbe’, ne avrebbero parlato con lui il giorno dopo (cosa che sinceramente speravo), no... assieme all’architetto hanno cominciato a spiegarmi per filo e per segno che cosa non andava e quindi mi chiesero di prendere una decisione li’ su due piedi. Li guardai stupefatta e  non solo per il fatto che non avevo capito un’acca. Ma come.... balbettai .... io? ... E poi ecco, la stupidita’ fatta persona, l’abitudine al nascondermi  “dietro le quinte”: “Ma io sono una donna e non ne so di queste cose.”  La loro risposta arrivo’ diretta come un siluro: “Guardi che in questo Paese siamo abituati a considerare l’opinione delle donne.”
Che cosa c’e’ di diverso allora? Che cosa e’ cambiato in tutto questo mi chiedo?
   E’ il fatto che questa mattina l’Inghilterra si e’ svegliata diversa: piu’ chiusa su stessa e meno open-minded , meno aperta di vedute. C’e’ che il Referendum sull’Europa ha diviso una nazione. C’e’ il fatto che sono amareggiata. Di piu’, rattristata. Di piu’, preoccupata. No, di piu’. Sono delusa. Delusa da questa Gran Bretagna che avevo imparato ad amare e a considerare un po’  come la mia seconda patria. Per la prima volta mi sento a disagio e il senso di diversita’ ha cominciato ad insinuarsi dentro di me come la nebbia leggera del mattino. La campagna referendaria ha puntato tutto sulla paura e l’invidia. La paura dell’immigrazione - ed ecco perche’ oggi mi sento un po’ meno welcome , meno benvenuta e piu’ foreigner, straniera - l’invidia verso l’establishment e cioe’ verso tutto cio’ che Londra rappresenta. In queste valli l’Europa e la globalizzazione non sembrano aver portato benefici evidenti.
   Gia’ mi sentivo a mio agio in questo Paese in cui abito, il Galles, che avevo iniziato a chiamare home, casa. In questa terra dai vasti pascoli che profumano di erica e sambuco,  dove l’orizzonte si allunga come una gigantesca ombra verde fino a toccare il cielo e il mare. Oggi il Galles si riscopre meno tollerante e piu’ razzista, piu’ povero e sempre piu’ furioso contro i politici, i ricchi, i benestanti, i capitalisti che abitano nella City. Oggi il Galles, che ha votato contro l’Europa, si riscopre tutto sommato non cosi’ diverso da altri Paesi europei dove spirano i forti venti del nazionalismo e del razzismo.
   Oggi mi chiedo se la Gran Bretagna e in particolare il Galles che amavo e avevo fatto mio, siano in realta’ un prodotto della mia fantasia , qualcosa che ho idealizzato cosi’ come a volte si idealizza un uomo o una donna e poi si scoprono lati e spigoli del carattere che ci fanno disinnamorare.  Arrriva un giorno in cui ti chiedi: amo ancora questo Paese? Ma allora mi sono sbagliata io? Forse non sono riuscita a capire, a vedere fino in fondo la realta’?   Time will tell! Il tempo lo dira’ se le qualita’ che amo in questa gente riemergeranno dalle acque torbide che al momento sembrano prevalere.
   Mio fratello mi ha fatto notare: "Anche duemila anni fa c’e’ stato un Referendum a Gerusalemme e quella volta ha vinto Barabba! Non sempre un Referendum e' prova di democrazia."
 

"To build may have to be a slow and laborious task of years.To destroy can be a thoughtless act of a single day."
"Costruire puo' essere un compito lento e laborioso di anni. Distruggere puo' essere un atto avventato di un singolo giorno"
Winston Churchill, 29 September 1959

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