giovedì 22 febbraio 2018

Doctor Peter e la polvere di stelle

                                                                         
                                                                     
Primo Premio 2018
Ognuno di noi lascia dietro di sé una piccola appendice, effimera e invisibile, che aleggia nell’aria al nostro passaggio, evanescente come una nuvola. Può essere l’odore caratteristico del nostro corpo, oppure lo sbuffo di un profumo o anche la fragranza di un cibo appena consumato. Doctor Peter lasciava alle sue spalle una scia sottile che brillava ai raggi del sole come la bava argentea di una lumaca. Lui la chiamava star dust, polvere di stelle. In realtà erano le ceneri dell’adorata e defunta moglie Dorothy.
    Doctor Peter fu la prima persona che incontrai quando giunsi in questo borgo di campagna situato nella Valle di Glamorgan, in Galles, a sud-ovest della Gran Bretagna, in quella che da allora sarebbe divenuta la mia nuova dimora. Abitava da solo in un piccolo cottage di colore rosa antico, all’angolo tra la nostra via e lo stagno al centro del villaggio. Quel mattino di sette anni fa Doctor Peter si era affacciato alla porta di casa per vedere di persona the Italian lady, la moglie italiana che il suo amico Martyn aveva portato con sé dal Continente.
   “Croeso i Gymru!” mi disse in una lingua che non capivo. Notando il mio sconcerto accennò un sorriso e tradusse: “Welcome... Benvenuta nella terra dei Celti!” Lo guardai con inaspettato interesse. I suoi occhi, piccoli e grigi, celavano un guizzo burlone da folletto nordico. Di più: emanavano una luce luciferina che strideva con l’aria di vulnerabilità dovuta all’età e alla pelle del viso così bianca da risplendere come la luna.
   “Doctor Peter è un bel tipo,” mi disse quella sera mio marito. “In gioventù era il medico condotto del paese ma è piuttosto conosciuto in tutto il Regno Unito per essere un grande studioso e uno degli ultimi bardi, poeta-cantore del popolo celtico e delle sue tradizioni. Ma non lasciarti ingannare dalla sua cultura e men che meno dall’età.”
   Nel villaggio infatti si vociferava che Doctor Peter, vedovo di Dorothy ormai da anni, amasse corteggiare donne di gran lunga più giovani di lui. Anzi, che recentemente avesse un’amante parigina con la quale scambiava appassionate email in francese, lingua che aveva iniziato a studiare allo scopo, al corso serale dell’Università della terza età. Contro i maligni citava Virgilio: “Omnia vincit amor, l’amore non conosce ostacoli,” seguito dall’affermazione: “e poi fa bene alla salute innamorarsi da vecchi. Dovete credermi, io sono un dottore!”
    “È una delle persone più simpatiche del villaggio” concluse mio marito. “Dice ciò che gli pare e se ne infischia di quello che pensano gli altri. Te ne accorgerai presto.” Era quanto bastava per accendere il mio desiderio di approfondire la sua conoscenza. In seguito saremmo diventati buoni amici,
nonostante le differenze di generazione: Doctor Peter era sulla soglia dei novantanni.   
   La prima volta che bussai alla sua porta, fui subito assalita da un lezzo penetrante: era l’odore inconfondibile di libri vecchi, pagine d’inchiostro ingiallite dagli anni e che trasudavano umidità. Mucchi di volumi erano sparsi un pò ovunque: in bilico sopra il grande tavolo del salotto, spalancati sul sofà, in pile sgangherate sulla moquette, tra gli scaffali impolverati della massiccia libreria, così tanti che le pareti sembravano scoppiare da un momento all’altro. Con il tempo avrei appreso che quei vecchi libri polverosi costituivano in realtà preziosi tomi di storia e di medicina, alcuni in latino e altri rappresentavano copie rare del XVIII e XIX secolo. Ma sparpagliate qua e là si distinguevano anche raccolte di mitologia in lingua celtica e di poesia di autori gallesi, primo fra tutti Dylan Thomas.
   Quella sera, mentre la pioggia picchiettava contro i vetri dell’unica finestra, accomodati sulle poltrone in pelle scura del suo studio e accarezzati dalla luce fievole della lampada, mi raccontò di mondi fantastici e di creature soprannaturali che affollano il Galles: come Craig y Dinas, la grotta dove Re Artù e i suoi Cavalieri riposano in attesa di essere risvegliati per combattere e liberare il Galles dai conquistatori anglosassoni; Castell Dinas Bran, dove si dice sia nascosto il Sacro Graal; Caerfyrddin, il luogo di nascita di Mago Merlino; Ddraig Goch, il Dragone di fuoco che sventola furioso nello stendardo della Nazione....  
   Fu allora che i miei occhi si posarono su un contenitore chiuso, in ceramica, e di un colore rossastro che spiccava sopra il tavolo tra la confusione di libri. Doctor Peter sembrò seguire il mio sguardo perché mi spiegò che quel vaso era in verità un’urna che conteneva le ceneri della moglie Dorothy.
   “Vedi,” mi disse con la sua voce rauca, “siamo tutti figli di una cometa che si abbatté sulla terra milioni di anni fa, portando con sé l’acqua e quindi l’essenza di vita. Siamo fatti di polvere... polvere di stelle, star dust.” Poi proseguì con la lucidità che si riserva ai momenti fondamentali della vita:
   “Certi giorni mi piace estrarre da quell’urna un pugno di polvere di stelle di Dorothy che nascondo nella tasca della mia giacca. Poi mi reco nei luoghi dove siamo stati insieme e ne spargo un pizzico sulla spiaggia di Llantwit Major, dove ci siamo conosciuti, una piccola manciata sulla panchina di Morgam Park, dove per la prima volta baciai le sue labbra, un filo sottile nell’alta torre di
Castell Coch, il ‘castello delle follie’ dove in un giorno di primavera le dichiarai il mio amore e in ginocchio la chiesi in sposa....
    Fu così che qualche giorno dopo lo vidi scivolare come un’ombra fuori della sua porta di casa e avvicinarsi con circospezione al nostro giardino. Poi, credendo di non essere osservato, estrasse dalla tasca un pugno di polvere argentata che lentamente lasciò scivolare tra le sue dita. Ma il vento maligno fece andare gran parte della polvere di stelle sul suo viso e anche sul mio che nel frattempo l’avevo seguito. Quando se ne accorse Doctor Peter sbottò in una risata e disse: “Oggi Dorothy fa la gelosa e ha deciso di vendicarsi.
   Ma quel sentiero sottile e luminoso, come la coda argentea di una cometa, mi rammentò la celebre fiaba di Hansel e Gretel e delle briciole di pane sparse lungo il cammino per ritrovare la via di casa. Con la sua scia di cenere Doctor Peter poteva ritrovare i suoi ricordi più belli, riandare agli anni giovanili, ai giorni trascorsi con la moglie Dorothy...
   Amavo la sua compagnia: era colto, raffinato ed uno spasso starlo ad ascoltare. Una sera a cena lo sentii raccontare di quando, durante la seconda guerra mondiale, da giovane ufficiale di Sua Maestà, fosse di stanza in Malesia per combattere i Japs, i giapponesi. Allora gli chiesi se ci fosse tornato in Malesia con Dorothy dopo la guerra. “Assolutamente no” rispose.  “Avrei corso il serio rischio di incappare in giovani malesi che assomigliavano a me...” e poi scoppiò in una risata trionfale.
   Era solito punteggiare i suoi incredibili, quanto a volte inverosimili, aneddoti con un: “Devi credermi, sono un dottore!” Aveva i modi cortesi da gentleman, ma non era mai freddo come a volte possono esserlo solo gli inglesi. In breve era un socialite -come dicono qui- ossia un esponente dell’alta società che amava la mondanità, ma che si divertiva un mondo a infrangerne le regole.
   Guidava l’auto senza alcun rispetto per le norme di circolazione. A novantun anni prese una multa per eccesso di velocità e poco dopo gli fu tolta la patente perché considerato un pericolo pubblico. Era anche a capo del Gentlemen’s Club, un’associazione per soli uomini, dove –stando a quel che mi raccontava –  passavano le serate a banchettare, conversare di politica e a insaporire il tutto con bicchieri di whisky.
   Quando non riuscì più a salire le ripide scale di casa, si fece costruire un ascensore con le pareti in vetro che dal salotto, seduto comodamente sulla sua
poltrona, lo portava al piano di sopra, direttamente in camera da letto. E così, chiuso in quella scatola di vetro, lo vedevo salutare i suoi ospiti con un sorriso e scomparire piano piano con le parole: “Adieu, Addio, ora ascendo in Paradiso.” E infine: “See you, ci vediamo al mattino quando discenderò agli inferi...”
   In un freddo giorno d’inverno, Doctor Peter fu trasferito nella vicina casa di riposo, contro la sua volontà ma assecondando quella dei figli che vivevano lontano e non avevano la possibilità di accudirlo. Aveva portato con sé il cellulare con il quale si mise a chiamare taxi e amici implorandoli di riportarlo a casa. “È un inferno,” furono le ultime parole che lo sentii proferire. Subito dopo il suo cottage rosa antico fu venduto a una giovane coppia di sposi che lo ampliò e lo tinteggiò di bianco. E i suoi libri...? Ebbene, quelli finirono quasi tutti nella discarica locale.
   Oggi mi capita spesso di riandare con la memoria a Doctor Peter e alla scia argentea di star dust, la polvere di stelle che lasciava sul suo sentiero d’amore per la moglie Dorothy. E allora ripenso ai versi di Dylan Thomas (il grande poeta gallese che lui amava) dedicati al padre morente:

Non andartene docile in quella buona notte,
I vecchi dovrebbero bruciare e infierire al serrarsi del giorno;
Infuria, infuria contro il morire della luce...*



Laura M-Walker


* Do not go gentle into that good night,
  Old age should burn and rave at close of day;
 Rage, rage against the dying of light...

2 commenti:

Anonimo ha detto...



Una volta si chiamavano " quadretti di colore " o qualcosa di simile e venivano pubblicati nella terza pagina dei quotidiani più importanti.
Quello scritto da te é qualcosa di simile ma anche un po' di più.
Ho letto per caso del tuo " Doctor Peter ". Sono rimasto colpito dal tratto di penna, dalla scorrevole semplicità descrittiva, dalla forza penetrativa delle immagini che le parole creano
in un piacevole susseguirsi di fotogrammi .
C'e voglia soprattutto di raccontare uno di quegli ultimi personaggi di un tempo ormai passato, solitari per necessità, ricchi intellettualmente, amanti della vita, quasi sempre
controcorrente, in cerca continua di ricordi a cui abbeverarsi per sopravvivere al proprio presente.
Visioni chiare, una buona mano, un po' di sentimento, un po' di fantasia e a volte un tratto di malinconia.
BRAVA !! Complimenti. Nando

Laura ha detto...

Nando,

Grazie davvero per le tue parole lusinghiere sul mio scritto.

Sono felice che il mio “quadretto di colore” su Doctor Peter, uomo di grande cultura e intelligenza e dotato di uno straordinario senso dell’umorismo, sia stato pubblicato, letto ed apprezzato.

Un caro saluto,
Laura